LA SINDROME DELL’ARPIA: quando sei tu stessa a gettare fango su quello che fai e quello che sei.

Ho scoperto la sindrome dell’arpia leggendo il libro “donne che corrono coi lupi” di Clarissa Pinkola Este (qui)

e mi è venuto da sorridere perchè uno pensa che l’arpia è sempre qualcuno di esterno: una persona insopportabile

un’insegnante che ci prende di mira, qualche personaggio di una serie televisiva o di un fumetto che non ci piace, ma a

nessuno verrebbe in mente di pensare a sè stessi come un’arpia e non contro qualcun  altro ma contro di sè.

Ma chi sono le arpie e perchè la Estes le usa come metafora per indicare la fase nella vita psichica della donna in cui la

creatività e l’iniziativa sembra morta?

Le Arpie sono creature della mitologia classica greco-latina, figlie di Traumante ed Elettra, esseri mostruosi che hanno il

corpo di uccello e il volto femminile e la cui figura è da sempre associata a violenza, cattiveria e fame.

Nell’Eneide Virgilio narra che Enea e i suoi compagni cercarono di allontanare le Arpie che durante il soggiorno nelle Strofadi

deturpavano le loro mense. Nei miti greci alle Arpie era stato dato il compito dagli dei di punire il re Fineo sottraendogli tutto il

cibo che gli veniva posto davanti e quello che non riuscivano a portar via lo sporcavano con i loro escrementi

di modo che il re non potesse mai saziare la sua fame.

Infine, Dante le colloca nel girone dei suicidi dove si cibano delle foglie dove sono annidate le anime che si sono tolte la vita,

provocando dolore e lamenti.

Ovunque le arpie sono simbolo di deturpazione, e il punto è proprio questo sono chiamate brutte  non in considerazione

della loro bruttezza “estetica” ma della bruttura che sanno creare su tutto ciò che toccano.  Ecco perchè la Estes le usa

come paragone nel suo libro per indicare col termine “sindrome dell’arpia”  quella voce interiore che “distrugge mediante

la denigrazione dei talenti e degli sforzi” ed è caratterizzata da un dialogo interno particolarmente disprezzante.

 Ogni volta che ti viene in mente un progetto l’arpia lo ricopre di merda e inizia a demoralizzarti urlandoti contro che non sei

buona a niente, che non ce la farai, che le tue idee sono vecchie e la gente riderà di te.

Che vuoi fare? 

Dove vuoi andare?

Ma guardati. 

ARPIA, GIUDICE INTERIORE, CRITICO: QUELLA RADIO INTERMITTENTE CHE TI RICORDA CHI NON SEI

Comunque la si voglia chiamare questa voce essa indica la voce dell’ego che dentro di noi va a sindacare ogni cosa che

facciamo.

Con le sue parole accusa, demolisce, distrugge attraverso un linguaggio dei più terribili al mondo, ti tiene soggiocata sotto

un perenne giudizio e ahimè non va mai in vacanza. Come le gocce cinesi perennemente cadono sulla fronte della vittima

causandone la morte per perforazione del cranio così la voce dell’arpia come una radio che incessantemente ti ricorda chi

non sei, cosa non hai fatto, distrugge ogni briciola di autostima e sicurezza che ancora ti abita dentro generando vergogna,

senso di colpa e di inadeguatezza.

Chi ha la voce del giudice interiore molto forte vive un conflitto tra ciò che pensa dovrebbe essere e ciò che è. E’ questo 

gap incolmabile che ti tiene schiava della frustrazione.

Il giudice interiore fissa degli standard ai quali dovresti rispondere: più magro, più intraprendente, più intelligente ecc. e tu

nella disperata impresa di raggiungere tali standard rischi di annegare nella nevrosi, nella depressione o comunque

nell’inazione.

Lo spiega meravigliosamente Avikal E. Costantoni nel suo libro “la libertà di essere sè stessi” (qui) affermando che  “non

è sufficiente capire a livello intellettivo la portata degli effetti distruttivi del Giudice Interiore ma  occorre una

pratica costante di attenzione e vigilanza nella vita di tutti i giorni.

Osservare senza giudicare è la più alta forma di intelligenza

( J. Krishnamurti)

COME ZITTIRE LA VOCE DELL’ARPIA

  • PRIMO PASSO: NON IDENTIFICARTI. Dobbiamo capire che quella voce NON è la nostra ma è il frutto di tutti i

condizionamenti che ci portiamo dentro dalla nascita. la mia ha il tono di mia madre che ogni volta che le condividevo

un’idea ed un progetto mi rispondeva sempre .” Ma ch’è fa? (ma che fai?) e non studi? Perdi tempo? Arrivi a trent’anni senza

laurearti, senza un lavoro e fai a famm (farai la fame)

 

La tua magri può essere quella di tuo padre o una maestra che ti rimproverava sempre o qualsiasi altra persona che

uccideva il tuo entusiasmo. Il fatto è che hai inglobato talmente quella voce che, come dice Freud, è diventata interiore e ora

pensi che sei tu che parli nella tua mente.

Ma io ti dico che NON è cosi, per questo il primo passo è discernere le voci che abitano dentro di te, capire che chi ti

critica non sei tu e non identificarti con quelle critiche. 

 

Non identificarti significa che appena quella voce si presenta non ti ci adagi sopra, non la segui ma riesci a fermarti, a

separarti da lei e ad osservarla semplicemente.

  • SECONDO PASSO: OSSERVA. Dobbiamo diventare spettatori consapevoli ed imparziali del processo che sta

avvenendo nella nostra mente. Prima il nostro Ego consapevole riconosce questa voce particolare e la sua energia

distinguendola da sè stesso poi la osserva e successivamente sceglie come usarla.

 

L’ego consapevole, separandosi dalla voce, acquista maggior esperienza, più consapevolezza e più distacco da essa.

La consapevolezza ci offre il dono di essere capaci di staccarci da qualsiasi esperienza, pensiero, o comportamento ed

osservarlo per poi decidere come trasformarlo. Per questo in questa fase è importante lasciare andare ogni forma di giudizio

perchè altrimenti cadiamo nello stesso circolo vizioso facendo il gioco dell’arpia.

 

  • TERZO PASSO: ACCOGLI E ASCOLTA. Una volta che ci siamo disidentificati dalla voce dell’arpia capendo che non è

la nostra siamo pronti ad accoglierla ed ascoltare il vero messaggio che vuole mandarci.

Solitamente la voce del giudice interiore serve per coprire quella del bambino interiore, quel bambino impaurito che ha

bisogno di essere sempre spronato e rassicurato che le scellte che sta facendo sono quelle buone per lui. Per questo una

volta distaccati dalla voce possiamo lasciare largo spazio al bambino e divenire noi il genitore che lo rassicura dicendogli

che ora ci siamo, lo ascoltiamo e gli daremo ciò di cui ha bisogno.

Dopo questa accoglienza veramente l’ultimo passo è quello della trasformazione.

  • QUARTO PASSO: TRASFORM-AZIONE. Dopo aver preso consapevolezza di come funzionano le nostre voci interiori

l’ultimo passo è scegliere come agire e come rispondere a  quelle voci. Potremmo ritrovarci a rispondere, come ho fatto io,

alla voce della nostra mamma che : “sì è vero forse non  mi arricchirò di denaro, forse perderò tempo ma almeno mi sarò

arricchita di esperienze e prove, avrò avuto il coraggio di seguire il mio istinto e le mie inclinazioni e desideri, avrò avuto il

coraggio di non scegliere la paura ma la vita o meglio di non scegliere la paura di vivere ma di scegliere la fiducia nella

vita, la bellezza e la meravigliosità della vita che sempre ti sostiene e ti ama”.

E tu cosa ne pensi?

Ti risuona?

Quali sono le tue arpie interiori?

Sarò felice di leggere le tue esperienze.